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L’attore siciliano racconta trentaquattro anni di film. Da quelli di mafia alle commedie. Dal ricordo del regista Carlo Vanzina alle riprese con Ficarra e Picone. Ma parla anche della sua isola “a megghiu terra”. Dove non è mai “tutto a posto”

ALL'INTERNO LA VIDEO INTERVISTA realizzata dal Cas

BARCELLONA POZZO DI GOTTO. Intervistare Tony Sperandeo è come assistere ad un suo film. Nelle sue parole c’è tutta la sicilianità che lo caratterizza e tutta la spontaneità che lo rende unico. Ascoltarlo è un vero e proprio spettacolo. Lo abbiamo incontrato in una caldissima giornata di fine luglio. Cappello di paglia e camicia colorata a righe ha raccontato la storia della sua carriera.

Trentaquattro anni di film di mafia e commedie che lo hanno portato a lavorare per diverso tempo anche con Carlo Vanzina, regista di recente scomparso, eppure lui riesce ad essere polemico. Soprattutto sulle sue scelte. «Non sono soddisfatto – confessa - avrei potuto fare di più. Adesso a sessantacinque anni tiro le somme e penso che il mio essere siciliano ha condizionato il mio lavoro nel bene e nel male. Bisogna essere sinceri. Con questa faccia nessuno ha mai pensato di farmi interpretare il ruolo di Padre Pio». E’ schietto Tony Sperandeo. Fa l’elenco di tutti gli artisti con cui ha lavorato soffermandosi particolarmente su quelli siciliani come Maria Grazia Cucinotta, Ficarra e Picone, Lucia Sardo e Nino Frassica. «Perché – dice – tra siciliani è ancora più bello».

Per lui la Sicilia è a megghiu terra. Ma non è ben valorizzata. Ecco perché per lui la risposta giusta sta in una delle scene del film “Il 7 e l’8” quella che recita “Tutto a posto? Tutto a posto a minchia”. Perché per Tony Speradeo in questa Sicilia non va mai niente in modo adeguato.

Galleria fotografica e riprese: Il Pitt e Palum



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